Cos’è

Le ovaie sono due organi delle dimensioni di circa tre centimetri (ma con variazioni rispetto all’età) situati una a destra e una a sinistra all’utero a cui sono connessi dalle tube.

Le loro funzioni sono due: produrre ormoni sessuali femminili e ovociti, cioè le cellule riproduttive femminili.

Ogni mese, quando la donna è fertile e non in stato di gravidanza, le ovaie producono un ovocita che si muove verso l’utero per essere fecondato.

Il cancro all’ovaio è dovuto alla proliferazione incontrollata delle cellule dell’organo, il più delle volte a partenza dalle cellule epiteliali (ovvero non da quelle che producono gli ovuli). Anche le cellule germinali possono però essere all’origine di una forma tumorale.

Tipologie

A parte i tumori benigni, come la cisti ovarica, i tumori maligni dell’ovaio sono di tre tipi: tumori epiteliali, tumori germinali e tumori stromali.

I tumori epiteliali originano dalle cellule epiteliali che rivestono superficialmente le ovaie. Essi costituiscono più del 90% delle neoplasie ovariche maligne.

I tumori germinali originano dalle cellule germinali (quelle che danno origine agli ovuli); essi rappresentano il 5% circa delle neoplasie ovariche maligne, sono pressoché esclusivi dell’età giovane (infanzia e adolescenza) e sono differenziabili dagli altri tumori maligni dell’ovaio perché producono marcatori tumorali riscontrabili nel sangue (come l’alfaproteina o la gonadotropina corionica) diversi da quelli prodotti dai tumori di origine epiteliale.

I tumori stromali originano dallo stroma gonadico (tessuto di sostegno dell’ovaio). In teoria costituiscono un gruppo facilmente diagnosticabile dato che alla sintomatologia comune a tutti i tumori ovarici uniscono effetti ormonali (ovvero legati a una eccessiva produzione di ormoni sia femminili sia maschili, perché parte delle cellule è in grado di produrre testosterone). La maggior parte di questi tumori sono caratterizzati da una bassa malignità. Essi rappresentano il 4% circa delle neoplasie ovariche maligne.

Una recente classificazione, detta di Kurman, distingue il carcinoma ovarico in due gruppi, definiti tipo I e II. I tumori di tipo I insorgono da cellule ben differenziate, come i tumori borderline (cioè di confine tra malignità e benignità); alcuni di questi possono essere a lenta crescita (carcinomi sierosi di basso grado). I tumori di tipo I sono correlati con un certo tipo di mutazioni a carico di specifici geni (tra cui KRAS, BRAF, PTEN e b-catenina).

I tumori di tipo II, al contrario, sono tumori di alto grado, piuttosto aggressivi, che insorgono direttamente dal tessuto epiteliale dell’organo, senza passare da una fase precancerosa. Questi tumori sono molto instabili dal punto di vista genetico e mostrano mutazioni del gene P53. I tumori ereditari legati ai geni BRCA1 e BRCA2 sono di tipo II.

Evoluzione

Purtroppo il tumore dell’ovaio non dà segni di sé fino a quando non ha raggiunto dimensioni notevoli e questo influenza pesantemente l’esito delle cure.

Negli stadi iniziali, ossia quando la neoplasia è localizzata a un ovaio o anche a tutti e due, il risultato di una terapia adeguata è soddisfacente. Secondo la FIGO (Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia) negli stadi iniziali (stadio I) la sopravvivenza a cinque anni è pari all’85%; così non è negli stadi avanzati in cui la sopravvivenza a cinque anni scende al 25%.

Sintomi

Il tumore dell’ovaio non dà sintomi nelle fasi iniziali. Per questo è difficile identificarlo precocemente.

Sono tre i sintomi che le donne dovrebbe tenere presente in quanto possibili indicatori precoci della presenza di un cancro delle ovaie: addome gonfio, aerofagia, bisogno di urinare frequente.

Lo affermano diversi studi apparsi negli ultimi anni sulle riviste mediche, che rimarcano anche quanto generici siano questi disturbi.

Secondo gli esperti, si tratta di sintomi spesso sottovalutati in quanto comuni ad altre patologie minori.

Ovviamente vanno considerati solo se si presentano (o in rapida sequenza) insieme e all’improvviso: in tutti gli altri casi non sono significativi. A questi sintomi va aggiunta la sensazione di sazietà anche a stomaco vuoto. Quando si manifestano questi veri e propri campanelli d’allarme, è bene richiedere al ginecologo una semplice ecografia pelvica, che potrà dare una prima importante indicazione diagnostica.

Diagnosi

La diagnosi si effettua mediante l’esame pelvico ossia la visita ginecologica e la palpazione dell’addome.

Nella valutazione clinica sono importanti l’età della paziente, le dimensioni e la consistenza delle ovaie.

In età fertile l’ovaio normale misura 3,5 cm. In menopausa l’ovaio va incontro ad atrofia, esso misura 2 cm e in menopausa tardiva meno di 2 cm. Se quindi un ovaio palpabile in donna fertile è un ovaio normale, esso rappresenta un tumore dell’ovaio in una donna in post menopausa non necessariamente maligno ma sempre disfunzionale. Pertanto in età menopausale e post-menopausale la presenza di un ovaio palpabile è presuntivamente una neoplasia, così come in età fertile un ovaio di diametro superiore a 3,5 cm e di consistenza solida. In questi casi è necessario un accertamento più fine.

L’ecografia transaddominale o meglio transvaginale è molto utile, talvolta combinata con il dosaggio del CA 125, un marcatore serico i cui valori possono però essere elevati in molte situazioni sia tumorali ginecologiche e non ginecologiche, sia in patologie non neoplastiche come epatopatie croniche, pancreatite.

Oltre all’ecografia, vengono utilizzate la TAC addome, il clisma opaco con bario e la risonanza magnetica con lo scopo di verificare la diffusione del tumore e la presenza di eventuali metastasi nel cavo addominale. In linea generale, come detto in precedenza, l’esame pelvico, la determinazione del livello del CA 125 e l’ecografia transvaginale offrono qualche possibilità di una diagnosi precoce del carcinoma ovarico, che però non dà sufficienti garanzie da essere esteso come screening su tutta la popolazione femminile.

Questo approccio è consigliabile nel piccolo numero di soggetti con cancro dell’ovaio di tipo familiare (legato alla positività per i geni BRCA1 e 2) e va eseguito ogni sei mesi a partire dall’età di 30-35 anni.

Come si cura

Le donne colpite da un cancro dell’ovaio vengono sottoposte a intervento chirurgico la cui entità varia secondo lo stadio di malattia.

Tuttavia l’intervento chirurgico demolitivo non ha la certezza che il tumore non si ripresenti: per questo si consiglia, dopo l’intervento, una chemioterapia che è tanto più importante quanto più è avanzato il tumore asportato. Esistono molti schemi: uno dei più usati è quello a base di paclitaxel e di cisplatino o carboplatino.

La radioterapia non viene quasi mai impiegata nella terapia del carcinoma ovarico se non a scopo palliativo su alcune sedi metastatiche. Sono allo studio diversi farmaci biologici per la terapia del cancro dell’ovaio in fase avanzata: si tratta per lo più di sostanze ancora in sperimentazione sulle quali si ripongono molte speranze per il futuro. Il farmaco più studiato è il cetuximab, che potrebbe rallentare la progressione di alcune forme positive per il recettore dell’EGFR.

Chi è a rischio

Tra i fattori di rischio per il cancro dell’ovaio c’è l’età, come dimostra il fatto che la maggior parte dei casi viene identificata dopo l’ingresso in menopausa, tra i 50 e i 69 anni.

Altri fattori di rischio sono la lunghezza del periodo ovulatorio ossia il menarca (prima mestruazione) precoce, la menopausa tardiva e il non aver avuto figli. L’aver avuto più figli, l’allattamento al seno e l’uso a lungo termine di contraccettivi estroprogestinici diminuiscono il rischio di insorgenza del tumore dell’ovaio e sono quindi fattori di protezione.

Esiste però un altro fattore di rischio e questo consiste in specifiche alterazioni di geni. Secondo una stima del National Cancer Institute una percentuale tra il 7% e il 10% di tutti i casi è il risultato di una alterazione genetica che si tramanda nelle generazioni. In presenza di difetti genetici consistenti in mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2 può verificarsi la presenza contemporanea o in tempi diversi di carcinoma dell’ovaio e carcinoma della mammella. In questi casi il cancro dell’ovaio si verifica in un’età più giovane di quello non legato ad alterazione genetica.

Va ricordato comunque che l’esistenza in famiglia di tumore dell’ovaio non dà la certezza che esso si ripresenti in tutte le donne imparentate, ma solo che queste ultime hanno un rischio più elevato rispetto alla popolazione generale. Nei casi appartenenti a famiglie con alta presenza di tumore dell’ovaio o carcinoma della mammella può essere utile un esame genetico per stabilire il rischio del singolo individuo. E qualora il soggetto fosse portatore di una mutazione genetica va adottato un programma di stretta sorveglianza con mammografie ed ecografie.

Identificare il rischio genetico

Circa un caso su dieci di cancro delle ovaie è dovuto ad alterazioni genetiche.

Più casi dello stesso tumore o di due tumori associati alla stessa alterazione genetica (come per l’ovaio e la mammella) nello stesso ramo della famiglia possono far sospettare una alterazione genetica ereditaria.

Diverso è il caso in cui la patologia è innescata da scorretti stili di vita presenti in tutta la famiglia. Nel primo caso può essere utile rivolgersi a un centro di consulenza genetico specializzato presso un istituto oncologico nazionale.

Quanto è diffuso

In Italia il tumore dell’ovaio colpisce circa 4.490 donne ogni anno, secondo le stime 2012 del Registro Tumori. È al nono posto tra le forme tumorali, e costituisce il 2,9% di tutte le diagnosi di tumore.

In Europa rappresenta il 5% di tutti i tumori femminili. È più frequente nella popolazione caucasica, nei Paesi dell’Europa nord occidentale e negli USA, assai meno frequente nei Paesi asiatici, africani, sudamericani.

Prevenzione

Non esistono al momento programmi di screening scientificamente affidabili per la prevenzione del tumore dell’ovaio.

Ciononostante alcuni studi hanno dimostrato che una visita annuale dal ginecologo che esegue la palpazione bimanuale dell’ovaio e l’ecografia transvaginale di controllo possono facilitare una diagnosi precoce.

Alcuni studi hanno tentato di utilizzare per un programma di screening su popolazione sana un marcatore presente nel sangue, il CA 125, che però al momento non risulta affidabile perché troppo poco specifico. Questo marcatore è invece molto utile nel monitorare l’eventuale ripresa della malattia in persone colpite da un tumore ovarico in precedenza.

da: http://www.airc.it/tumori/tumore-all-ovaio.asp

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